Problemi relazionali: quali sono le cause e come intervenire?
Saper gestire tutte le relazioni in cui siamo immersi non è semplice! I familiari, il partner, gli amici, i colleghi, altre persone che non abbiamo scelto per la nostra vita ma che vediamo tutti i giorni, ognuno di essi ha delle modalità diverse di relazionarsi a noi. Avere dei problemi relazionali con qualcuna delle persone che ci circonda è la normalità, quando però il caso diventata consuetudine e le difficoltà relazionali sono costanti della nostra quotidianità allora è necessario fermarsi e fare una riflessione su noi stessi.
Indice
Problemi relazionali: una panoramica

L’uomo è un essere relazionale. La qualità delle nostre relazioni è determinante per il nostro benessere, tuttavia per alcune persone i rapporti interpersonali possono essere troppo spesso fonte di sofferenza. Avere degli schemi relazionali disfunzionali può impedire alla persona di vivere in modo sereno e spensierato molti tipi di relazione, provando sensazioni spiacevoli e mettendo di conseguenza in atto comportamenti controproducenti per il mantenimento di una relazione.
Ovviamente non è possibile elencare in modo esaustivo tutti i problemi relazionali esistenti, ma farò degli esempi per farti capire cosa intendo: può accadere ad esempio che si provi un forte senso di inadeguatezza che conduce ad isolarsi dagli altri, oppure che si provi un costante senso di colpa che conduce ad essere eccessivamente disponibili ed accondiscendenti con gli altri, mettendo sempre al primo posto il loro bisogni prima dei propri, oppure, l’essere eccessivamente sensibili alla critica che porta ad una diffidenza ingiustificata verso le relazioni o ancora, avere delle aspettative idealizzate di quello che una relazione può offrire e rimanere costantemente delusi da esse.
Cause dei problemi di relazione
L’uomo interagisce con realtà attraverso due aree di relazione:
la relazione con sé stesso e la relazione con gli altri.
Uno dei capisaldi della psicologia è questo:
Se una persona è stata amata, sarà capace di amare sé stessa, apprezzandosi e sarà capace di amare gli altri, aprendosi alle relazioni.
Sembra una banalità? Capiamo meglio, con un po’ di teoria, quali sono i meccanismi alla base di questa affermazione.
Attraverso le prime esperienze con le figure significative, solitamente i genitori, ogni individuo si misura con differenti modalità relazionali, che possono essere non solo amore, sostegno e protezione ma anche controllo, biasimo e critica, alcune della quali potrebbero risultare prevalenti rispetto ad altre e quindi più significative ed incisive (ad esempio una madre che tende principalmente a controllare i figli o un padre che tende a biasimarli più che a sostenerli).
Queste modalità utilizzate dagli adulti con il bambino costituiscono la base per le sue aspettative future nella relazione con gli altri, cioè si vengono a strutturare delle rappresentazioni di quello che ci si può aspettare da una relazione e crescendo la persona sarà improntata a relazionarsi agli altri proprio a partire da queste aspettative.
Il modello chiamato SASB (Structural Analysis of Social Behaviour), elaborato da Lorna Benjamin, consente di collegare il funzionamento di un individuo e quindi anche gli eventuali problemi relazionali in cui potrà incorrere, alla storia delle sue relazioni familiari.
Le relazioni familiari infatti sono la base a partire dalla quale la persona andrà a strutturare ciò che pensa di sé stessa, questo la influenzerà nell’avere determinati vissuti di fronte ad una particolare interazione e di conseguenza nel modo di porre sé stessa nelle relazioni con gli altri.
Adesso facciamo degli esempi! Se una persona è stata criticata e spesso svalutata dai suoi genitori, nel rapporto con sé stessa tenderà ad autosvalutarsi e a sentirsi inadeguata e di conseguenza nelle relazioni interpersonali tenderà a mettersi sulla difensiva; se una persona è stata trascurata o ignorata nel suo passato, nel rapporto con sé stessa tenderà a trascurarsi e nelle relazioni interpersonali tenderà a chiudersi e ad isolarsi; se invece un figlio è stato eccessivamente controllato o gli sono state date troppe regole, tenderà nel rapporto con sé stesso ad auto controllarsi e limitarsi e nel rapporto con gli altri a ubbidire, compiacere oppure al contrario, a ribellarsi.
Tuttavia così facendo la persona tenderà a confermare un concetto di sé negativo, rimanendo intrappolato in un processo che si autoalimenta, andando a sviluppare dei problemi nelle relazioni come ad esempio continue delusioni d’amore, rapporti di amicizia fragili e relazioni interpersonali insoddisfacenti.
Ovviamente anche in questo caso si tratta di una semplificazione poiché questi meccanismi possono dare luogo anche a comportamenti apparentemente opposti, ma pur sempre legati alle esperienze infantili (ad esempio un bambino che non ha mai ricevuto complimenti dal padre, potrà comportarsi in modo analogo oppure in modo opposto, riempiendo di complimenti le persone per lui significative, sommergendole di quelle attenzioni che a lui sono mancate).
Intervento
Riprendendo il discorso iniziale, avere dei problemi relazionali con familiari, amici, colleghi, a volte può farci pensare che siano queste persone la causa del nostro male e che siano loro ad aver bisogno di aiuto. Se da un lato questo può essere plausibile, dall’altro non ci aiuta nella risoluzione del problema perché ci rende impotenti: l’unica persona su cui possiamo agire infatti siamo noi, e ripetersi che la colpa è degli altri non ci servirà a niente!
Decidere di iniziare un percorso psicologico può essere un’occasione per lavorare su sé stessi e risolvere le proprie difficoltà di relazione.
L’intervento dello psicologo per chi ha problemi relazionali inizia proprio sviluppando una consapevolezza di questi e dei propri punti di forza e di debolezza nel relazionarsi agli altri. Anche essere consapevoli delle nostre debolezze è fondamentale, siamo portati infatti dalla società a nascondere le nostre debolezze e così finiamo oltre che a nasconderle agli altri, per nasconderle a noi stessi, e ci togliamo la possibilità di trasformarle.
Come sottolinea Lorna Benjamin nel suo modello (SASB) è fondamentale tener presente che le strategie relazionali che un individuo va a costruire via via interagendo nella sua famiglia, rappresentano proprio una strategia che è servita a far fronte a quel tipico stile di accudimento che abbiamo ricevuto durante l’infanzia. Attraverso un percorso psicologico è possibile capire come esse siano state utili in passato, ma adesso non lo sono più, e anzi sono passate da essere utili a essere controproducenti. Capire questo è fondamentale per abbandonare queste modalità relazionali e abbracciarne di più efficaci.
Il compito del terapeuta sarà quindi formulare delle ipotesi su quali siano stati gli stili prevalenti in famiglia, sia durante l’infanzia che nel momento attuale, questo consentirà allo psicologo di costruire una relazione terapeutica proprio sugli aspetti relazionali che al paziente sono mancati e che sono necessari al suo cambiamento, andando a scardinare così le vecchie modalità relazionali e allenandosi nell’utilizzo di quelle nuove.
Se hai delle curiosità, sarò felice di risponderti, contattami pure!




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